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Mai un consiglio d’amministrazione era durato così tanto…
Nell’ultimo anno e mezzo a Montebelluna, in seguito alle ispezioni delle autorità di vigilanza, sono emersi conti falsi della gestione di Vincenzo Consoli.

img646272La Procura della Repubblica ha inviato un’inchiesta penale tutt’ora in corso; sotto la tutela degli ispettori della BCE è stata effettuata una totale pulizia dei bilanci che ha portato a svalutazioni, accantonamenti e perdite miliardarie, con un conseguente taglio del valore delle azioni del 25% scatenando la rabbia dei piccoli azionisti.

In seguito alla trasformazione in SpA , verrà varato un nuovo aumento di capitale (il secondo in due anni) e avviato l’iter per la quotazione in Borsa.
E’ stata una decisione sofferta quella che il consiglio ha assunto il 2 Dicembre; ossia stabilire il prezzo di recesso per i soci che non intendono aderire alla conversione da banca cooperativa a società per azioni.
Infatti, bisogna ricordare che Veneto Banca non è quotata in Borsa, quindi da anni i soci non hanno la possibilità di vendere le loro azioni dato che nessuno le vuole acquistare, soprattutto ai prezzi surreali proposti dal consiglio d’amministrazione e ratificati di anno in anno dalle assemblee degli azionisti.

Il problema di stabilire un prezzo di recesso non è tanto quello di dare un valore (ancora una volta virtuale) a una banca i cui attivi e il cui patrimonio sono stati drasticamente ridimensionati, ma è principalmente quello di spiegare a migliaia di azionisti che quel prezzo, per quanto basso, non potrà mai essere pagato.

E’ così che la legge approvata dal governo Renzi obbliga le dieci maggiori banche popolari italiane a trasformarsi in SpA: la Banca d’Italia può limitare il diritto di recesso dei soci, se necessario, per evitare una riduzione del capitale sociale al di sotto dei requisiti patrimoniali stabiliti dalla vigilanza. Veneto Banca invece, così come la Popolare di Vicenza, che sono già pienamente al di sotto dei requisiti non possono liquidare con mezzi propri i soci che vogliono avvalersi del diritto di recesso.

Ecco spiegato il perché dello scioglimento del consiglio di amministrazione in così breve tempo. Il contenuto del comunicato afferma che, ai fini del recesso, le azioni sono state valutate 7,3 euro contro i 30,50 fissati dall’assemblea di Aprile; vale a dire il 76% in meno, considerando inoltre che il prezzo di 30,50 rappresentava già un taglio di oltre il 22% rispetto ai 39,50 degli anni precedenti. La perdita per i soci quindi si aggira intorno all’81,5%.
Valori elevati, anche se bisognerà vedere come la Borsa valuterà l’istituto di Montebelluna, che peraltro deve varare una nuova ricapitalizzazione da un miliardo di euro.

Si tratta di un duro colpo per le persone che da anni avevano creduto investendo i risparmi di una vita. Oggi si ritrovano abbandonati dalla politica che in modo bilaterale aveva pubblicamente sostenuto Consoli negli anni passati e che, a crisi proclamata, alla vigilia delle elezioni regionali in Veneto, si era ben guardata dal presentarsi all’assemblea di Aprile.

La domanda che sorge spontaneamente è: che cosa potrà accadere il 19 Dicembre a fronte di azionisti che vedono svalutare il loro capitale dell’81,5% e che non possono ottenere nemmeno quel poco?
Oltre la speranza che la legge venga giudicata incostituzionale, a questi risparmiatori resta poco, tanto più che la ricapitalizzazione di Veneto Banca è ormai imminente e se non vogliono o non possono investire altri soldi nella banca, le loro quote si svaluteranno ulteriormente.

Si tratta di un ennesimo colpo questo, affiancato al write-off (circa 2miliardi di euro) ai danni di azionisti e obbligazionisti di Banca delle Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti. E di certo non sarà l’ultimo: si arriverà al redde rationem anche sulla Popolare di Vicenza.

Appare chiaro che tutto questo grava sulle famiglie e sull’economia italiana… Cosa dobbiamo aspettarci?

 

 Alessandro Sartoretto

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