I dirigenti delle agenzie fiscali guadagnano 10 volte più di chi lavora nella scuola.

Il posto fisso nella Pubblica Amministrazione è un obiettivo per molti. Nel mondo degli statali ci sono però delle differenze tra i salari che varia in base alla tipologia di lavoro.
Chi guadagna di più sono i dirigenti di prima fascia delle agenzie fiscali, con guadagno di circa 220 mila euro l’anno. Chi lavora nella scuola ha invece un guadagno annuo di 22 mila euro, cioè lo stipendio più basso rispetto anche al resto dei dipendenti pubblici che guadagna fra i 30 e i 40 mila euro.

I dirigenti di vertice di Entrate, Dogane, Demanio e Monopoli guadagnano più degli impiegati negli enti pubblici come Inps o Inail o ministeri, tutto questo secondo un’analisi a cura dell’Ara (Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni). Bisogna considerare che nell’alta dirigenza ci sono solo poche centinaia di persone, per 62 dirigenti di prima fascia di agenzie fiscali ci sono 52.570 dipendenti totali.

Tra i semplici dipendenti guadagnano di più quelli delle autorità indipendenti, come Antitrust o Agcom (74 mila euro), precedendo il personale non dirigente di Palazzo Chigi (con 49 mila euro) e gli impiegati di Regioni, Comuni e Ministeri (con circa 28 mila euro).
Tra le forze dell’ordine i lavoratori che percepiscono meno sono i vigili del fuoco, con 31 mila euro annui, mentre le forze armate arrivano a percepire un po più di 35 mila euro, a differenza dei corpi di polizia che arrivano a 38 mila.
Il mondo universitario i professori, solo quelli con contratto a tempo indeterminato, arrivano ad uno stipendio medio di 71 mila euro annuale.

Questi dati sugli stipendi dei dipendenti pubblici arrivano proprio nel momento in cui il Governo sta lavorando sul rinnovo contratti, dove inizialmente erano stati messi a disposizione 300 milioni di euro per aumentare i salari, ma l’Esecutivo ha dato la sua parola che la cifra aumenterà nella legge di Stabilità 2017. Il tutto dipenderà sopratutto dalle regole che verranno applicate.

Il primo problema è superare la legge Brunetta, norma del 2009 che imporrebbe metà del budget produttività al 25% degli statali con le pagelle più alte; altra metà del budget ai lavoratori con performance di medio standard, da rintracciare nel 50% della forza lavoro complessiva; niente andrebbe invece all’altro 25% dei lavoratori che si colloca sotto gli standard.

Con la riapertura del dibattito tra governo e sindacati queste regole potrebbero essere applicate, ma le ipotesi sono di un contratto ponte, che permetterebbe di utilizzare per tutti le risorse disponibili, rinviando ancora la revisione delle regole.
Il Governo intende affrontare questi argomenti sulle fasce di merito con il testo unico del pubblico impiego attuativo dalla riforma Madia, ma il Consiglio dei ministri ha tempo fino a febbraio per approvare il decreto.