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L’attuale riforma pensioni graverà inevitabilmente sulla generazione nata dal 1980 in poi.

Le preoccupazioni nascono dalle riforme come quella Dini, che si basa sul calcolo contributivo per chi ha iniziato a lavorare da dopo il 1995, oltre all’aumento dei requisiti per andare in pensione introdotti dalla Legge Fornero. Il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Stefano Patriarca, ha dichiarato che i lavoratori che fanno parte di questo sistema contributivo sono attualmente la maggioranza, considerando anche che il 55-60% degli attuali lavoratori ha fino a 40-45 anni d’età.

Per la generazione dopo il 1980 che rientra in questa regola del contributivo, per poter accedere alla pensione servono almeno 20 anni di contributi, l’età minima di 69 anni e 5 mesi, aver maturato una pensione non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale (oggi 640 euro netti). Per chi non riesce a raggiungere questo minimo, che molte volte è dovuto a salari bassi o carriere con momenti di disoccupazione, esiste un’altra strada per la pensione.

In questo caso, considerando gli adeguamenti automatici, potrà andare in pensione solo a 73 anni e 5 mesi. Altra alternativa è la pensione anticipata, lasciando il lavoro 3 anni prima dell’età della vecchiaia, con 20 anni di contributi e importo maturato non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale (oggi di 1.50 euro netti).

Questo sistema, paradossalmente, premia chi fa i lavori migliori (stabili e ben pagati), consentendo solo a loro di ritirarsi prima, e punisca quelli più deboli, costretti alla pensione posticipata. Patriarca ha inoltre sottolineato che tutto questo è aggravato dal fatto che per la generazione post 1980 non c’è più l’integrazione al minimo, cioè quel contributo dello Stato per portare le pensioni troppo basse a un importo base mensile (oggi, 502 euro al mese).

Baserebbe dunque favorire assunzioni stabili, con un modello contrattuale che sostenga i salari, perché attualmente quello che manca è proprio una stabilità del lavoro. Governo e sindacati si troveranno al tavolo del confronto con proposte concrete, come la pensione minima di garanzia di 650 euro o i contributi figurativi per i periodi di disoccupazione, ma anche l’eliminazione delle soglie di 1,5 volte e 2,8 volte il minimo per accedere alla pensione di vecchiaia o anticipata.

Secondo il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan è una strada che va percorsa per garantire un sistema più equo, senza stravolgere totalmente l’attuale Riforma Fornero.

Alessandro Sartoretto

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