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Tutti i lavoratori desiderano cancellare definitivamente la Legge Fornero e i politici, in campagna elettorale, ribadiscono il chiaro concetto che non è possibile andare in pensione all’età di 67 anni.

Luigi Di Maio sostiene che sia una legge da eliminare, insieme alla Job Acts e alla buona Scuola. Allo stesso modo la pensa Salvini, che ribadisce il fatto che la legge stessa ha danneggiato di colpo coloro che, dopo 41 anni di contributi versati, avrebbero il diritto di andare in pensione.

Silvio Berlusconi si rifiuta invece di abolire la legge tanto odiata, dichiarando che Forza Italia interverrà dove sarà giusto intervenire, con priorità che sono già state inserite nel programma elettorale del Leader. 

Nel caso però si decidesse di abolire la Legge Fornero e si diminuisse la soglia per andare in pensione i costi di questa operazione ricadrebbe soprattutto sule spalle delle famiglie. Il Codacons ha determinato un costo annuo pari a 3.333 euro a famiglia. Si avrebbero effetti diretti sulle detrazioni sia delle deduzioni fiscali che delle cedolari secche e dei crediti di imposta.

Queste voci costano allo stato 54 miliardi di euro l’anno, al quale vanno sommate anche le detrazioni ai fini Irpef che interessano i lavoratori dipendenti e gli autonomi (37,8 miliardi di euro) e le detrazioni per i familiari a carico (11,3 miliardi di euro). Vanno inoltre aggiunte le spese fiscali relative ai tributi locali.

Il presidente nazionale delle Acli Roberto Rossini lancia la proposta di consentire l’accesso alla pensione in un’età opzionale per ciascun lavoratore a partire da un’età minima tra i 63 e 65 anni, prevedendo un rendimento pensionistico crescente o decrescente a seconda dell’età di accesso alla pensione.

I contributi accumulati dovrebbero essere restituiti sotto forma di pensione in un range anagrafico libero opzionale, anche a prescindere da una requisito contributivo minimo o un importo minimo pensionistico da dover raggiungere. 

Alessandro Sartoretto

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