Contenuto dell'articolo
- Riforma pensioni 2026: rischio caos per l’uscita dal lavoro
- Addio a Opzione Donna: una delle prime vittime della riforma pensioni 2026
- Quota 103 verso la fine? Il futuro resta incerto
- Ape sociale: l’unica certezza (per ora)
- La novità più discussa: contributi anche per stage e tirocini
- Conferme per i lavoratori precoci
- Confermati anche i canali ordinari di anticipo
- Pensione anticipata contributiva: nuove opportunità
Riforma pensioni 2026: rischio caos per l’uscita dal lavoro
La riforma pensioni 2026 si prepara a diventare uno dei temi più delicati e controversi della prossima Legge di Bilancio. Le discussioni in Parlamento stanno delineando un quadro tutt’altro che rassicurante per chi spera di anticipare l’uscita dal lavoro. Tra misure confermate, strumenti destinati a scomparire e proposte ancora in sospeso, il sistema previdenziale italiano potrebbe cambiare profondamente nei prossimi mesi. E non sempre in meglio.
Il nodo centrale della riforma pensioni 2026 è la necessità di trovare coperture economiche adeguate, un vincolo che sta mettendo in discussione molte vie d’uscita anticipate. Mentre la soglia dei 67 anni per la pensione di vecchiaia appare sempre più solida — e potrebbe persino aumentare negli anni a venire — molte opzioni alternative sembrano sull’orlo dell’archiviazione. Ecco, punto per punto, cosa potrebbe cambiare davvero.
Addio a Opzione Donna: una delle prime vittime della riforma pensioni 2026
Una delle novità più clamorose della riforma pensioni 2026 riguarda quasi certamente la cancellazione di Opzione Donna. L’emendamento che puntava a rinnovarla è stato bocciato in Senato per mancanza di coperture finanziarie. A meno di un intervento diretto del governo, questa forma di pensionamento anticipato destinata alle lavoratrici sembra destinata a scomparire nel 2026.
Per molte donne, Opzione Donna rappresentava un’ancora di salvezza davanti a carriere irregolari, interruzioni dovute a maternità, part-time involontari e periodi dedicati all’assistenza familiare. Negli ultimi anni, le condizioni di accesso erano diventate sempre più rigide, fino a ridurre le beneficiarie a poco più di 3.500. Nonostante ciò, la sua abolizione rischia di lasciare scoperte proprio quelle lavoratrici che hanno avuto percorsi più fragili e discontinui.
Quota 103 verso la fine? Il futuro resta incerto
Anche il destino di Quota 103 appare appeso a un filo. Oggi la misura permette il pensionamento a chi ha compiuto 62 anni e maturato 41 anni di contributi, ma prevede un ricalcolo dell’assegno interamente contributivo, spesso penalizzante.
La possibilità che Quota 103 venga confermata nella riforma pensioni 2026 non rientra negli impegni già programmati, lasciando immaginare una sua possibile cancellazione. Tuttavia, varie forze politiche stanno continuando a spingere per mantenerla, segno che la trattativa è ancora in corso. La sua eventuale sopravvivenza sarebbe una valvola di sfogo per i lavoratori con carriere molto lunghe, che altrimenti dovrebbero attendere soglie più rigorose.
In questo scenario turbolento, l’unica misura che sembra destinata a sopravvivere nella riforma pensioni 2026 è l’Ape sociale. Si tratta di un sostegno ponte introdotto nel 2017 per disoccupati, caregiver e lavoratori impegnati in mansioni gravose.
Si può accedere a partire dai 63 anni e 5 mesi, con una contribuzione tra 30 e 36 anni, a seconda della categoria. Non è una pensione vera e propria, ma un aiuto temporaneo fino al raggiungimento del requisito per la pensione di vecchiaia. I numeri restano però molto contenuti: nel 2024 i beneficiari sono stati meno di 20.000.
La novità più discussa: contributi anche per stage e tirocini
Tra le proposte più innovative della riforma pensioni 2026 c’è l’idea di valorizzare anche i mesi trascorsi in stage e tirocini, spesso non retribuiti e privi di contribuzione. L’emendamento, avanzato da Fratelli d’Italia, punta a correggere una delle principali storture del mercato del lavoro moderno: l’ingresso tardivo e precario dei giovani.
Il meccanismo funzionerebbe in modo simile al riscatto degli anni universitari: sarebbe possibile “recuperare” un periodo di stage, purché collegato a un successivo lavoro regolare. L’obiettivo è evitare che le nuove generazioni arrivino ai 67 anni senza aver accumulato abbastanza contributi per una pensione dignitosa.
Conferme per i lavoratori precoci
La riforma pensioni 2026 dovrebbe mantenere le misure per i lavoratori precoci, ovvero per chi ha iniziato a lavorare molto giovane o svolge mansioni usuranti. Con 41 anni di contributi è possibile uscire indipendentemente dall’età anagrafica. I requisiti restano però estremamente selettivi.
Confermati anche i canali ordinari di anticipo
Sopravvivono anche le vie ordinarie della Legge Fornero. Si potrà ancora andare in pensione anticipata con:
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42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini
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41 anni e 10 mesi per le donne
Il tutto senza vincoli di età. Però, dal 2027 scatteranno gli adeguamenti alla speranza di vita, rendendo i requisiti probabilmente più severi.
Pensione anticipata contributiva: nuove opportunità
Infine, la pensione anticipata contributiva resta accessibile per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Servono:
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64 anni d’età
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almeno 20 anni di contributi effettivi
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un assegno pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (circa 21.000 euro lordi l’anno)
La novità è che, da quest’anno, nel calcolo dell’assegno minimo si possono includere anche rendite della previdenza complementare.

