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La corte dei Conti ha evidenziato il deterioramento delle finanze dell’INPS.

Nella relazione sul bilancio 2015, i magistrati contabili scrivono: “sul versante economico patrimoniale si assiste a una situazione in peggioramento rispetto al precedente esercizio. Lo scostamento tra i saldi finanziari e quelli economici è dovuto principalmente all’andamento dei residui attivi”

La Corte dei Conti ha inoltre sottolineato che l’esercizio 2015 si è chiuso con un risultato economico negativo per 16,3 miliardi. Per effetto di un peggioramento dei risultati previsionali del 2016 il patrimonio netto passa per la prima volta dall’istituzione dell’ente al negativo per 1,73 miliardi.

Scontando il bilancio di previsione per il 2017 adottato dal presidente il 27 dicembre 2016 e in corso di approvazione da parte del Civ, il risultato economico di esercizio sarà negativo per 6,152 miliardi e il patrimonio netto sarà -7,863 miliardi.
I magistrati scrivono che la “movimentazione del patrimonio netto nel 2015, mostra con evidenza il peso che deriva da risultati economici negativi condizionati dal forte incremento dei crediti svalutati perché a rischio di realizzabilità”.

Poletti e Boeri sono tranquilli. Poletti, da parte sua afferma che: “Il sistema è assolutamente sostenibile”. In pratica quello che conta è che lo Stato sia sempre pronto e abbastanza dotato di risorse da coprire gli ammanchi dell’Istituto.

Il presidente dell’Inps Tito Boeri minimizza: “si tratta di una mera questione contabile. Bisogna ricordare che Inps opera per conto dello Stato. Le prestazioni sono decise da parlamento e governo italiano. E dunque sempre garantite dallo Stato italiano. Ciò che conta non è il bilancio Inps ma dello Stato. Tra l’altro i consuntivi della Corte dei Conti sono già incorporati nelle stime di disavanzo e debito pubblico. E le abbiamo già riferite in sede di presentazione del bilancio Inps” e poi: “Il disavanzo deriva da ritardi nei trasferimenti dello Stato che vengono anticipati dall’Inps e poi ripianati di nuovo dallo stato. È già successo tante volte: a metà anni ’90 avevamo un patrimonio negativo per più di 50 miliardi, poi ripianati puntualmente dallo Stato”.

La Corte ribadisce “la necessità di una riforma della governance dell’Inps che parta dalla revisione di funzioni e compiti dei tre principali organi (di indirizzo e vigilanza, di rappresentanza legale dell’ente, di indirizzo politico-amministrativo) che, insieme al direttore generale, compongono quel particolare assetto duale disegnato dal legislatore per gli enti previdenziali pubblici”.

Servono provvedimenti “collegati da un disegno comune inteso alla razionalizzazione dell’organizzazione centrale dell’Istituto, attraverso un importante ridimensionamento del numero delle direzioni centrali di livello dirigenziale generale ed il contestuale rafforzamento delle strutture territoriali di pari livello”. L’intenzione è di avvicinare l’Inps alle istituzioni locali e allo stesso cittadino, tenuto anche conto della peculiarità dei bacini di utenza di ciascuna realtà locale e della necessità di implementare le attività di vigilanza documentale”.

Riparlando del bilancio la Corte ricorda che le entrate contributive sono pari a 214,79 miliardi e segnano un incremento di 3,32 miliardi sul precedente esercizio; la spesa per “prestazioni istituzionali ammonta invece a 307,83 miliardi, con un incremento rispetto all’anno precedente di 4,43 miliardi ascrivibile principalmente all’aumento della spesa per pensioni (+4,26), pari a 273,07 miliardi.

La Corte ricorda che i numeri della gestione economico-patrimoniale e di quella finanziaria sono diversi per la “diversa natura delle rilevazioni contabili”, in particolare da riferire “alle poste economiche che non danno luogo a movimentazioni finanziarie e in particolare agli accantonamenti al fondo di svalutazione dei crediti contributivi”.

 Alessandro Sartoretto

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